Internazionalizzare impresa – Il piano per conquistare mercati esteri
Internazionalizzare la propria impresa è un processo che richiede lo stesso impegno e sforzo previsto per la sua costituzione, se non altro dal punto di vista cognitivo, comportamentale (data l’innata “resistenza al cambiamento” insita in tutti noi) e di risorse impiegate sia in termini di tempo che di investimenti da effettuare.
Innanzitutto per internazionalizzare un impresa occorre tenere bene a mente le classiche regole previste nel marketing tradizionale, che seppure evoluto nel tempo e rivolto sempre più alla cura e gestione del cliente, prevede che il prodotto o servizio erogato sia come minimo buono o mediamente percepito tale dal mercato, ad un prezzo che risulti competitivo per lo stesso mercato, nel tempo e nel luogo desiderato dal cliente con un’immagine comunicata che rispetti le caratteristiche dello stesso.
Se il prodotto e servizio reso nel mercato nel quale stiamo operando, nonostante sia mediamente percepito come “buono” risente della crisi e dunque non riesce a raggiungere le vette sperate di vendita, occorre comprendere quale mercato (estero) possa risultare maggiormente ricettivo per lo stesso.
Una volta che la nostra analisi ci abbia consentito di focalizzare il mercato estero da aggredire occorre raccogliere informazioni che ci possono essere utili per conquistarlo (c.d. “piano di esportazione”).
La prima analisi dovrebbe essere focalizzata al mercato estero ed al target da conquistare.
Non sempre in azienda sono disponibili le risorse per effettuare tali analisi. In tal caso occorre preventivare l’eventuale costo per un’analisi di mercato strategica, competente, neutrale ed effettuata ad hoc per il tipo di attività che si intende svolgere.
Tra le informazioni che dovremmo raccogliere occorre tenere conto in particolare:
– quali sono le normative applicabili nel mercato estero che desideriamo conquistare ed in particolare se vi sono necessità di effettuare modifiche al prodotto o servizio reso per esigenze locali diverse rispetto a quanto avviene nel mercato domestico;
– eventuali costi per effettuare viaggi di perlustrazione in cui prendere contatti con eventuali partner locali o altri enti, consulenti, terzi utili alla nostra nuova attività;
– impatto dei costi della fiscalità;
– eventuale possibilità di accedere a finanziamenti o al credito nel Paese estero;
– definizione dei limiti di spesa che ci si prefigge di raggiungere. All’inizio dovremmo valutare attentamente se abbiamo risorse interne o esterne da destinare al progetto ed anche prevedere un piano per i benefici futuri attesi (tre-cinque anni).
Valutazione del mercato domestico
Per essere un buon venditore occorre conoscere ottimamente il proprio prodotto o il servizio offerto.
Per questo prima di aggredire il mercato estero occorre comprendere quali siano stati i nostri punti di forza e di debolezza nel mercato domestico e laddove possibile replicare i punti di forza nei mercati esteri da conquistare.
Oltre a ciò occorre anche analizzare nel mercato domestico dove stiamo già praticando il nostro business aziendale:
– tipologia e bisogni dei nostri clienti;
– comportamento dei nostri clienti nell’acquisto: come scelgono il nostro prodotto/servizio? Riusciamo a definire una graduatoria tra preferenze della clientela e prodotti e servizi resi? Abbiamo già sviluppato un qualche sistema che ci consenta di raccogliere informazioni comportamentali relative ai clienti ed al loro modo di acquistare da noi?
– comportamento dei nostri clienti nella solvibilità: abbiamo informazioni relative allo stato di solvibilità dei nostri clienti e sul comportamento che tengono relativamente ai loro pagamenti nei nostri confronti? I nostri clienti ritengono che la nostra “attesa” nell’incasso sia sostanzialmente “dovuta” o possiamo utilizzarla come vantaggio competitivo?
– definizione della quota di mercato già conquistata e del posizionamento che abbiamo sul mercato domestico;
– analisi della concorrenza locale: conosciamo i nostri concorrenti e sappiamo definire quali sono i loro punti di forza e debolezza rispetto ai nostri prodotti/servizi?
– analisi dello scostamento tra obiettivi di vendita e risultati raggiunti. Sono significativi? Ne conosciamo le cause?
– abbiamo una politica di prezzi? Quando effettuiamo sconti? Quando tendiamo a personalizzare un’offerta al cliente?
– abbiamo distributori o altri tipi di intermediari selezionati? Sono da considerare “partners” affidabili? Sono importanti per la nostra attività?
– abbiamo una presentazione professionale aggiornata della nostra azienda (es. brochure in inglese ed in italiano con immagini, sito web aggiornato e multilingua, ecc.)?
Gli Italiani, da sempre ottimi imprenditori e forti nel ramo industriale, hanno la necessità dunque di reperire nuovi mercati nei quali proporre i propri beni e servizi.
Sei anni di crisi sono tanti e le stime sulla ripresa economica non sono purtroppo ottimistiche.
Un buon imprenditore è come un comandante di una nave: deve sapere scegliere la giusta rotta e sapere approdare in porti sicuri specialmente se vi sono condizioni di incertezza.
Valutazione del mercato estero
Una volta compresa la nostra forza nel mercato interno, la valutazione del mercato estero non potrà che essere razionale e basata su diversi fattori che in sostanza di portino ad individuare terreno fertile per nuovi potenziali clienti e punti di debolezza dei concorrenti.
L’Unione Europea ad esempio è un davvero un grande mercato: con circa mezzo miliardo di abitanti rappresenta il 7% della popolazione mondiale, generando circa il 25,2% del PIL mondiale.
Dal punto di vista commerciale possiede le tariffe all’importazione tra le più basse al mondo.
Ma quando si parla di esportare si intende solitamente al di fuori dal mercato comunitario ed in tal caso occorre analizzare ancora con maggiore cura il contesto nel quale intendiamo operare.
Ad esempio occorre conoscere in caso di vendita di prodotti alcune informazioni essenziali quali:
a) cosa deve figurare sull’etichetta?
b) come certificare il nostro prodotto come “biologico” o con altre diciture che ne caratterizzano l’origine?
c) quali coloranti chimici sono vietati nell’Unione europea o nel Paese che intendiamo conquistare?
d) vi sono dazi per entrare in quel mercato?
e così via.
A tal fine è utile reperire informazioni da più parti (es. eventuali contributi ed i finanziamenti all’internazionalizzazione ma anche altre informazioni reperibili presso le associazioni di categoria, le aziende speciali delle camere di commercio, Simest e Sace, nonché dottori commercialisti ed in linea generale professionisti che si occupino di internazionalizzazione).
Le informazioni dovrebbero riguardare anche sulla situazione politica, economica e culturale del Paese e conoscere il grado di importazioni effettuate (meglio sarebbe sul settore di appartenenza) e di eventuali barriere commerciali, doganali, fiscali e legislative.
Individuare il proprio vantaggio competitivo
Dall’analisi effettuata scaturirà la strategia competitiva che ci permette di definire il target prescelto, il modo con il quale aggredire quel mercato, le eventuali alleanze strategiche da effettuare, le politiche di prezzo e di pagamento da proporre, nonché le condizioni di vendita e di comunicazione pubblicitaria e promozionale da effettuare.
Senza obiettivo chiaro sarà infatti difficile poter essere “credibili” specialmente in un mercato estero.
L’organizzazione e le risorse umane aziendali dovranno essere convinte, preparate e successivamente coinvolte ed affidabili per il ruolo loro designato (non solo per competenza ma anche per apertura mentale e capacità di adattamento). E’ consigliabile in ogni caso avere almeno una persona locale che possa essere utile nella comprensione della cultura del Paese e del modo di fare al fine di ottimizzare la probabilità di successo delle trattative commerciali.
Anche e soprattutto le persone possono costituire un reale vantaggio competitivo.
Va evidenziato infine che è di vitale importanza valutare anche, specie in questi tempi di crisi, il comportamento del nuovo cliente potenziale in termini di solvibilità. Maggiore è il rischio che non lo sia e più costoso potrebbe risultare l’eventuale recupero.
Le risorse finanziarie per il progetto estero in ogni caso devono essere adeguate e per tale motivo dovremmo comunque definire anche politiche di copertura dei rischi finanziari legati ai mercati esteri ed anche a tutela della proprietà intellettuale, individuando professionisti che supportino in linea generale negli aspetti legali, contabili e tributari.
Qualora vi sia la necessità di trasportare le merci all’estero occorre valutare oltre ai costi anche le rischiosità (es. merce danneggiata, furti, difficoltà eventuali di comunicare con intermediari affidabili, ecc.) nonché i costi di un’organizzazione maggiormente burocratica relativa alla documentazione probatoria da conservare ai fini legale e tributari.
Inoltre alla normativa tecnica eventualmente applicabile al prodotto (es. tempi di conservazione, conformità locali richieste, traduzione in lingue straniere, ecc.) andrà anche valutata l’assistenza post vendita e/o l’eventuale gestione della richiesta eccessiva rispetto alle previsione di vendita.
Il mercato britannico come vantaggio competitivo
Un primo rilevante motivo per il quale intraprendere un’attività nel Regno Unito è dunque quello di trovare un mercato “vivo”, ricettivo, pieno di opportunità scaturite dal fatto che, ancora oggi, dopo tredici anni consecutivi, il suolo britannico si trova ad essere la “migliore destinazione europea per gli investimenti diretti stranieri” secondo la European Attractiveness Survey.
Ovvio che per entrare in un mercato così “appetibile” è necessario comprendere quale sia il target da conquistare e quali siano le potenzialità del prodotto o servizio che offriamo.
Esportare è necessario per crescere perché è in crescita la competizione globale.
Il Regno Unito offre infatti diversi incentivi (anche economici) suddivisi per settore ed area geografica nei quali si desidera incominciare ad intraprendere una propria attività.
Solo nel 2011 sono state 2.001 le società quotate locali nel Regno Unito (7° posto nella classifica mondiale) contro le 287 società quotate locali in Italia (32° posto nella classifica mondiale) – fonte Economist. Pertanto si può comprendere anche da questi semplici dati quanto sia vasta l’opportunità di business.
Aprire una società a Londra ad esempio con responsabilità limitata per i soci (c.d. “limited”), ma anche una mera sede di rappresentanza, offre una grande opportunità di essere immediatamente presenti in una realtà internazionale, con grandi possibilità di essere valutati per le proprie competenze e di poter vendere i propri prodotti e servizi al mondo intero, confrontandosi con i migliori competitors presenti sul mercato.
Per molti Italiani significa trovare un mercato ancora attento e ricettivo e dunque cogliere opportunità reali che porteranno un evidente vantaggio competitivo per il proprio business, con costi di gestione e fiscalità molto più economica rispetto a quanto avviene in Italia.